Il Sahel ha bisogno di un sussulto civile e politico

25/04/2021 – Blog dell'AR/VP – Questa settimana mi sono recato in Mauritania, in Ciad e in Mali per incontrare le autorità e assicurare loro il sostegno incondizionato dell'Europa, ma anche per sottolineare che c'è bisogno di più risultati concreti in materia di sicurezza nonché sul fronte del ritorno dello stato di diritto e dei servizi pubblici.

"L'obiettivo principale della mia missione in Sahel è stato quello di sottolineare che sono necessari risultati concreti. Le popolazioni attendono il ritorno della sicurezza, dello stato di diritto e dei servizi pubblici, dovunque e per tutti."

 

Nel Sahel la situazione sul fronte della sicurezza resta molto preoccupante. Per dimostrarlo basta una statistica: nel Mali centrale ogni giorno si registrano due gravi incidenti per la sicurezza, con morti e/o feriti. Come migliorare questa situazione, che non sarebbe tollerabile in nessun paese europeo? Come consolidare stabilmente i successi militari? Mediante un "sussulto civile e politico", come si è deciso in sede di vertice del G5 e della Coalizione per il Sahel, svoltosi a N'Djamena nel febbraio scorso.

 

"Per lottare contro l'instabilità nel Sahel non basta riconquistare territori con la forza. Bisogna anzitutto riconquistare la fiducia delle popolazioni, che vogliono vedere tanti insegnanti, medici, giudici quanti sono i militari, se non di più."

 

Per lottare contro l'instabilità nel Sahel, infatti, non basta riconquistare territori con la forza. Bisogna anzitutto riconquistare la fiducia delle popolazioni, che si aspettano uno Stato esemplare e l'accesso ai servizi di base, nel rispetto dei diritti umani; confidano nel ritorno dello Stato, dovunque e per tutti; e vogliono vedere tanti insegnanti, medici, giudici quanti sono i militari, se non di più. È stato uno tra i temi centrali della mia missione di questi ultimi giorni, che mi ha condotto dapprima in Mauritania e successivamente in Ciad e in Mali.

 

"Il Sahel è una delle regioni del mondo in cui l'Unione e i suoi Stati membri sono più impegnati a favore della pace, della stabilità e dello sviluppo".

 

Come ho già affermato più volte in questo blog (cfr. qui e qui), il Sahel è una delle regioni del mondo in cui l'Unione e i suoi Stati membri sono più impegnati a favore della pace, della stabilità e dello sviluppo. Tra il 2014 e il 2020 l'UE e i suoi Stati membri vi hanno investito 8,5 miliardi di € sotto forma di aiuti allo sviluppo, aiuti umanitari, per la sicurezza e la difesa. L'Unione ha inoltre schierato nella regione tre missioni nel quadro della politica di sicurezza e di difesa comune. Ma non avevo ancora avuto l'occasione di recarmi sul posto: le mie visite precedenti erano state annullate a causa della situazione sanitaria.

Un punto di svolta per il Sahel

La mia visita di questa settimana coincide con un punto di svolta. Dopo il rafforzamento dell'azione militare, deciso al vertice di Pau all'inizio del 2020, il vertice del G5 Sahel (Burkina Faso, Mali, Mauritania, Niger, Ciad) e della Coalizione per il Sahel che si è tenuto a N'Djamena in Ciad qualche settimana fa ha posto stavolta l'accento sul ritorno dello stato di diritto e dei servizi pubblici nelle zone fragili. È proprio questo l'asse portante della nuova strategia per il Sahel appena adottata dal Consiglio UE, ed è di questo nuovo orientamento che desideravo parlare con i miei interlocutori sul posto.

 

"Le enormi sfide che deve affrontare la regione alimentano le attività dei gruppi terroristici e contribuiscono al proliferare del traffico di stupefacenti e di esseri umani, minacciando così di destabilizzare le regioni vicine e, in ultima analisi, l'Europa."

 

Il Sahel è una regione vasta e scarsamente popolata, e problemi di governance rendono difficile l'accesso da parte delle popolazioni ai servizi pubblici di base quali giustizia, sanità, istruzione e acqua. La forte crescita demografica ha peraltro esacerbato povertà e disuguaglianze. Le enormi sfide politiche, sociali ed economiche che deve affrontare la regione alimentano le attività dei gruppi terroristici e contribuiscono al proliferare del traffico di stupefacenti e di esseri umani, minacciando così di destabilizzare le regioni vicine e, in ultima analisi, l'Europa.

Il sostegno dell'UE a favore dell'integrità territoriale e della stabilità del Ciad

II programma iniziale della mia visita ha però dovuto essere modificato a seguito della scomparsa del presidente del Ciad, Idriss Déby, in quanto ho voluto essere presente alle sue esequie a N'Djamena venerdì scorso, per manifestare il sostegno dell'UE al popolo del Ciad in questo difficile frangente ed esprimere il nostro attaccamento all'integrità territoriale e alla stabilità di un paese che da molto tempo svolge un ruolo chiave nella regione, segnatamente in materia di sicurezza.

La mia presenza sul posto mi ha anche offerto l'occasione di chiedere una rapida conclusione del periodo di transizione avviato a seguito della scomparsa del presidente Déby, nonché una maggiore coesione nel paese. Il Ciad volta pagina, e in questa nuova fase si dovranno gettare le basi per un nuovo contratto sociale che tenga conto delle aspirazioni delle donne e degli uomini del Ciad, nel pieno rispetto dei principi democratici.

Il ruolo sempre più importante della Mauritania

La mia missione era iniziata giovedì scorso in Mauritania, paese che ha presieduto il G5 fino al febbraio 2021 e che ha un ruolo sempre più importante nella regione. A Nouakchott ho incontrato il presidente Ghazouani che, dalla sua elezione nel 2019, si adopera per aprire lo spazio politico. Gli ho trasmesso i ringraziamenti dell'UE per i significativi sforzi che ha profuso nella lotta contro il terrorismo, le reti criminali e la migrazione irregolare, e gli ho espresso il nostro sostegno per il suo ambizioso programma di riforme economiche e sociali.

Giunto infine in Mali, ho ribadito il nostro sostegno per la transizione civile in corso - che dovrà condurre il paese alle elezioni - ai miei interlocutori delle autorità di transizione istituite nell'agosto scorso (vale a dire al presidente Bah N'Daw, al primo ministro Moctar Ouane e a diversi suoi ministri, nonché al presidente del Consiglio nazionale di transizione, colonello Malck Diaw).

 

"Bisogna avviare fin d'ora le riforme essenziali, necessarie per porre le basi di un Mali veramente nuovo. Sono già passati più di 8 dei 18 mesi previsti per la transizione e bisogna allungare il passo."

 

Ma bisogna avviare fin d'ora le riforme essenziali, necessarie per gettare le basi di un Mali veramente nuovo. Sono già passati più di 8 dei 18 mesi previsti per la transizione e bisogna allungare il passo. In un paese con quasi 350 000 sfollati non si può prendere in considerazione l'opzione di uno slittamento dei tempi per la transizione. L'UE è pronta a mobilitare 100 milioni di € per sostenere la preparazione delle elezioni e l'attuazione delle riforme, purché in presenza di impegni e progressi concreti.

Il primo trasferimento di poteri democratico nel Niger

Purtroppo non è stato possibile recarmi in Niger come previsto inizialmente, ma ho potuto avere un colloquio con il presidente Bazoum a margine delle esequie del presidente Déby. Ho espresso apprezzamento per il primo trasferimento di poteri democratico nella storia del paese, avvenuto qualche settimana fa, e ho ribadito la nostra volontà di consolidare il lavoro avviato nel corso del mandato del presidente Issouffou.

Il mio viaggio in Sahel si è chiaramente svolto nel contesto particolare della pandemia di coronavirus, che sta colpendo gravemente la regione, in particolare con la chiusura prolungata delle scuole. La visita mi ha offerto l'occasione di sottolineare l'importanza del sostegno fornito da Team Europa ai paesi della regione per far fronte alla pandemia.

Infine, ho colto l'occasione per rendere omaggio ai soldati francesi dell'operazione Barkhane caduti nella regione, e per fare visita alle missioni di formazione europee presenti in Mali. Ho avuto anche modo di visitare il quartier generale dell'operazione francese Barkhane a N'Djamena e di avere un colloquio con il presidente Macron e i responsabili militari. La nostra analisi comune è chiara: sono stati compiuti progressi, grazie a un maggior coordinamento tra le forze e a una migliore gestione della sicurezza da parte delle truppe del G5 Sahel, ma la situazione resta tesa sul fronte della sicurezza ed il livello di violenza è elevato.

 

"Sono stati compiuti progressi, grazie a un maggior coordinamento tra le forze e a una migliore gestione della sicurezza da parte delle truppe del G5 Sahel, ma la situazione resta tesa sul fronte della sicurezza ed il livello di violenza è elevato. "

 

Al di là della nostra responsabilità comune di fronte alla minaccia terroristica, nel corso di tutta la mia missione ho insistito sull'obbligo di risultato, che vale per noi tutti, partner del Sahel e comunità internazionale: la mancanza di risultati prima o poi provoca infatti un senso di alienazione nelle nostre popolazioni e nell'opinione pubblica. Dobbiamo dimostrare ai nostri cittadini che il nostro forte impegno porta frutti. Il vertice dei capi di Stato della Coalizione per il Sahel, previsto per quest'estate, permetterà di fare un primo bilancio dei progressi compiuti.

 

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