È urgente che in Etiopia torni la pace

03/04/2021 – Blog dell'AR/VP - La situazione umanitaria nella regione etiope del Tigrai resta molto preoccupante. Il conflitto rischia anche di destabilizzare l'intero Corno d'Africa. Ho chiesto a Pekka Haavisto, ministro degli Affari esteri finlandese, di recarsi in Etiopia per ribadire le nostre richieste al governo e valutare la situazione. Per l'UE contribuire a porre fine alle violazioni dei diritti umani nella regione del Tigrai e far tornare la pace in Etiopia è una priorità assoluta.

"Il conflitto del Tigrai rischia di destabilizzare l'intera regione del Corno d'Africa. Dobbiamo porre fine alle violazioni dei diritti umani e far tornare la pace in Etiopia." #AUEU

 

A cinque mesi dallo scoppio del conflitto la situazione nella regione etiope del Tigrai resta allarmante. In alcune parti di questo Stato federato sono in corso scontri armati e gli aiuti umanitari continuano ad essere molto ridotti a causa dei combattimenti, dell'elevata instabilità della situazione quanto alla sicurezza e delle ridotte possibilità per gli operatori umanitari di gestire efficacemente i relativi rischi.

 

"Giungono in gran numero notizie di devastazioni, saccheggi su vasta scala, esecuzioni extragiudiziali, stupri sistematici e violenza di genere, rimpatri forzati di rifugiati nonché accuse di pulizia etnica e crimini di guerra."

 

La situazione continua a peggiorare, con milioni di persone che non ricevono assistenza. Giungono in gran numero notizie di devastazioni, saccheggi su vasta scala, esecuzioni extragiudiziali, stupri sistematici e violenza di genere, rimpatri forzati di rifugiati nonché accuse di pulizia etnica e crimini di guerra.

Tensioni etniche in altre regioni etiopi

Tensioni etniche sono segnalate anche in altre regioni etiopi, tra cui quelle di Benisciangul-Gumus e soprattutto di Oromo e Amhara, per non parlare della pandemia di COVID‑19, che sta dilagando: la settimana scorsa l'Etiopia ha registrato il maggior numero di casi nel continente africano, con la conferma di 12 000 nuovi casi.

 

"Questa crisi rischia di destabilizzare una regione già fragile".

 

Questa crisi rischia di destabilizzare una regione già fragile. Negli ultimi mesi abbiamo assistito all'arrivo di circa 68 000 rifugiati etiopi nel Sudan orientale, a un inasprimento delle tensioni lungo il confine tra l'Etiopia e il Sudan e a una situazione vicina allo stallo nei difficili negoziati tra Etiopia, Sudan ed Egitto sul riempimento della Grande diga del rinascimento etiope (GERD).

Annunciati alcuni interventi che vanno nella direzione giusta

Il governo etiope, dopo aver negato la realtà per molte settimane, ha annunciato alcuni interventi che vanno nella direzione giusta. Ma per essere credibili dovranno concretizzarsi molto rapidamente. Perciò ho chiesto al collega Pekka Haavisto, ministro degli Affari esteri finlandese, di tornare nella regione questo fine settimana, in qualità di mio rappresentante. Si recherà in Etiopia, visiterà il Tigrai e riferirà al Consiglio "Affari esteri" del 19 aprile, dove, insieme ai 27 ministri dell'Unione europea, discuteremo i passi da compiere.

Il ministro Haavisto è stato incaricato di ribadire le nostre richieste e di valutare i progressi compiuti finora su vari fronti.

In primo luogo, devono cessare le ostilità. Finché proseguiranno, gli aiuti umanitari non potranno essere forniti come necessario, e l'insicurezza che prevale in molte zone potrebbe mettere a repentaglio in tutto il paese le elezioni previste per il 5 giugno.

 

"In primo luogo, devono cessare le ostilità. In secondo luogo, deve essere garantito l'accesso umanitario a tutte le persone che ne hanno bisogno, ovunque si trovino. In terzo luogo, devono essere svolte indagini sulle violazioni dei diritti umani. In quarto luogo - e questo è un punto particolarmente importante - le truppe eritree devono ritirarsi."

 

In secondo luogo, deve essere garantito l'accesso umanitario a tutte le persone che ne hanno bisogno, ovunque si trovino. Nonostante i miglioramenti a livello di accesso, i bisogni restano enormi e in gran parte insoddisfatti, e la situazione sta peggiorando. Lo stesso vale per le zone in cui gli aiuti arrivano. Il numero di sfollati interni confermato dal governo regionale provvisorio del Tigrai è passato da 700 000 a 900 000 nelle ultime due settimane.

In terzo luogo, devono essere avviate indagini sulle violazioni del diritto internazionale umanitario (DIU) e dei diritti umani. L'Ufficio dell'Alto commissario per i diritti umani delle Nazioni Unite (OHCHR) e la commissione etiope per i diritti umani (EHRC) hanno convenuto di svolgere un'indagine congiunta sulle violazioni e gli abusi commessi da tutte le parti. Le discussioni sulle modalità concrete sono iniziate ma vanno velocizzate in modo che le indagini possano iniziare rapidamente. Tutto ciò rientra nell'indispensabile processo di assunzione di responsabilità nei confronti delle vittime.

In quarto luogo - e questo è un punto particolarmente importante - le truppe eritree devono ritirarsi. Recentemente vi sono stati annunci in tal senso, ma al momento non giunge alcuna conferma di un ritiro in atto. Anche in questo vi è urgente bisogno di rapidi passi concreti.

Insufficiente visibilità sulla scena mondiale

Finora la crisi nel Tigrai non ha avuto adeguata visibilità sulla scena mondiale. Eppure il Segretario di Stato americano Blinken ha recentemente denunciato la "pulizia etnica" nella regione; alti funzionari delle Nazioni Unite hanno chiesto di porre fine agli attacchi indiscriminati e mirati contro i civili, e la risoluzione di questa crisi resta una priorità assoluta per l'Unione europea. Con i miei colleghi del G7 ieri abbiamo confermato la nostra volontà di procedere insieme in relazione a tutti i punti summenzionati.

 

"Nessuno ha interesse ad assistere a un'ulteriore destabilizzazione e frammentazione — né a livello nazionale né a livello regionale."

 

Proprio perché l'Etiopia è un partner importante per l'UE, vogliamo continuare a discutere e a tenere aperto uno spiraglio. Nessuno ha interesse ad assistere a un'ulteriore destabilizzazione e frammentazione — né a livello nazionale né a livello regionale. Insieme all'amministrazione statunitense nelle prossime settimane intensificheremo i nostri sforzi miranti a progressi concreti.

Il tempo è un fattore essenziale

Il tempo è un fattore essenziale: le violazioni dei diritti umani devono cessare senza indugio, per il bene dei cittadini del Tigrai, dei cittadini dell'Etiopia e di quelli di tutta la regione. Quanto più un conflitto si protrae, tanto più tempo si rende necessario per la ricostruzione, la riconciliazione e la guarigione delle lacerazioni che ha provocato.

"Quanto più un conflitto si protrae, tanto più tempo si rende necessario per la ricostruzione, la riconciliazione e la guarigione delle lacerazioni che ha provocato."

Come ha dichiarato due anni fa il primo ministro Abiy Ahmed Ali, quando ricevette il premio Nobel per la pace per aver ripristinato la pace tra Etiopia ed Eritrea dopo 20 anni di guerra: "coltivare la pace è come piantare e far crescere un albero. Come gli alberi per crescere hanno bisogno di acqua e di terra fertile, per coltivare la pace e raccoglierne i dividendi c'è bisogno di impegno incrollabile, infinita pazienza e buona volontà." È proprio di questo che oggi l'Etiopia ha di nuovo urgentemente bisogno.

 

 

 

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